Non che nutrissi per lui una qualche particolare avversione, semplicemente non mi interessava; con tutto quello che una tavola poteva offrire ai miei occhi golosi e al mio palato bambino, l'ultimo dei mie pensieri era il pane.
Prosciutti, formaggi, salame, il mio preferito allora. Lo sguardo inchiodato sul pollo fumante ma il naso dentro forno con le lasagne e la testa, la più subdola, già proiettata là, verso il traguardo, la teglia di tiramisù, unico, sacro momento dell'intera settimana in cui avrei avuto l'immenso piacere di accedere al caffè: l'infinito ed oltre.
E così il povero pane veniva da me bellamente ignorato e questo era l'argomento domenicale per eccellenza:
" Questa figliola non mangia pane. Hai sentito??? La tu figliola non mangia il pane, Piccinina. " e giù tutti a dire la loro sull' interessantissimo argomento. " Secondo me non va mica bene sai, il pane fa bene."
Grande intuizione, in effetti.
Loro hanno continuato ad offrirmelo, in ogni occasione, per molto, molto tempo e io per molto, molto tempo, ho risposto
" Ora non mi va" pensando in realtà
" Mangiatevelo voi".
E , sì, lo so bene che mangiatevelo voi non è corretto grammaticalmente, che è corretto dire mangiatevelo o mangiatelo voi ma all'epoca ero una bambina e pensavo esattamente mangiatevelo voi!
Poi, probabilmente distratti da un nuovo, imprescindibile caso famigliare e , nel profondo, rassegnati hanno smesso di farlo. Io, essendo cresciuta e, fortunatamente, dotata di un minimo di cervello ho iniziato prima a mangiare il pane e poi ad apprezzare i pani e le mille declinazioni che questo alimento fondamentale e preziosissimo può assumere.
Viva il pane, ora e sempre. Ma il pane io non lo faccio, non lo so fare. Il pane è un ricordo, forse sbiadito, ma non cancellato dal tempo, e se io mi ricordo ancora di quella storia vecchia, lui si ricorda ancora di me e si vendica. Ecco perché io semplicemente non lo faccio; il pane.
E il pane oggi si vendica, ha aspettato buono, buonissimo e ora che lo amo si vendica.
Mi diventa materia di studio, ci devo fare il compito in classe. Sbuffo un pò, mi ribello. Con un colpo accusato dal basso ho di nuovo 16 anni e devo fare il cestino del pane.
Come il compito di Greco, io lo sapevo il greco, teoricamente ero brava in greco, studiavo e mi piaceva, ma sbagliavo sempre qualcosa nel compito in classe, qualcosa di importante. Evidentemente
Alla fine dell'anno c'avevo 5 allo scritto e 9 all'orale.
Insomma mi sono detta, ora studi, poi ti eserciti e poi fai un gran bel compito. Punto.
Ed è quello che ho cercato di fare. Il mio cestino è assolutamente classico, non ho modificato praticamente nessuna delle tecniche, anche ingredienti e quantità sono invariati. Ho soltanto sostituito nei biove una piccola parte di farina 0 con farina semi integrale e spolverato i crackers con sale all'glio fatto da me in casa con erba aglina. Sono rimasta fedele a tutto ed ho ottenuto un pane per me stupefacente, sono onesta, non credevo che si potessero fare pani così buoni.
Le dispense su cui ho avuto il grande piacere di studiare mi sono parse perfette.
Le bambine sono state così contente da mangiarne tantissimo, via via che lo sfornavamo. Io e marito ci siamo innamorati di tutto.Devo ringraziare Mt-scool che inizia con il botto.
Il mio menù è un menù che parla di quello che eravamo ieri e parla anche di quello che siamo oggi e della mia amatissima terra, la Toscana.
Menù di Terra per il pranzo della Domenica di ieri e di oggi
Selezione di affettati e formaggi toscani serviti con miele di castagno, composta di cipolle e confettura di zucca e bergamotto
Zuppa di funghi e fagioli con olio alla nepitella e croste di parmigiano soffiato
Pollo affumicato e poi cotto "al mattone" accompagnato da fagioli al piatto e salvia fritta
Insalata di ovuli freschi,prezzemolo e aglio
-------------------------- Tiramisù al tabacco e rum con sentore di mandarino
Il mio cestino del pane classico
Biove semintegrale
Per 4-6 persone
350 g di farina 0
150 g di farina semintegale
300 ml di acqua
20 g di strutto (o burro o olio extravergine di oliva)
20 g di lievito di birra (anche 10 o 5)
10 g di malto
8 g di sale fino (un cucchiaino da tè colmo)
Attrezzatura:
Setaccio
Spianatoia di legno
1 raschia a trapezio
2 canovacci puliti
2 supporti per aiutare lo sviluppo dell’impasto verso l’alto al momento della lievitazione
(vedere procedimento – vanno bene anche 2 pacchi di zucchero o farina)
Setacciate la farina e formate una fontana sulla spianatoia; fate una fossetta su un lato
e mettetevi il sale. sbriciolate il lievito di birra nel centro.
Versate l’acqua con delicatezza per non farla tracimare.
Raccogliete un poco di farina dall’interno dell’anello della fontana e cominciate a
impastare, aggiungendo via via altra farina; unite il sale, lo strutto e il malto,
continuando a incorporare altra farina fino a quando non avrete ottenuto una pastella
abbastanza consistente, quindi coprite tutto con la farina della fontana.
Aiutandovi con la raschia sollevate parte della pastella e premetela sulla cima della
montagnetta; proseguite in questo modo lungo tutto il perimetro della fontana, in modo
da fare assorbire l’acqua dalla farina.
Cominciate a impastare con le mani e valutate se è il caso di aggiungere un altro poco di
acqua: dovrete ottenere un impasto morbido, ma non appiccicoso. Lavorate e battete la
pasta con forza sul piano di lavoro per 8-10 minuti, infine formate una palla con
l’impasto, copritela a campana con una ciotola e fate riposare per 20 minuti.
Trascorso questo tempo dividete l’impasto in due, formate due filoni stretti e stendeteli
in rettangoli molto lunghi (1,5-2 metri) e sottili (3-4 mm di spessore), larghi 6 o 7 cm. A
mano a mano che stendete l’impasto, arrotolatelo come se fosse una garza: otterrete
due grossi rotoli. Infarinate abbondantemente un canovaccio pulitissimo. Appoggiate sul piano di lavoro
uno dei due supporti – può essere un pacco di zucchero. Copritelo con un lembo del
canovaccio infarinato, che stenderete sul piano di lavoro dal lato lungo. Adagiate sul
canovaccio un rotolo di impasto, tenendo la falda sotto e appoggiando la chiocciola
contro il lato dove c’è il supporto. Sollevate un lembo di tessuto dall’altra parte della
chiocciola creando un divisorio. Appoggiate la chiocciola del secondo rotolo di pasta
contro il divisorio di tessuto infarinato, sollevate il canovaccio all’altezza della seconda
chiocciola e appoggiateci contro il secondo supporto. Questa disposizione consentirà di
dare all’impasto una spinta anche in verticale, in fase di lievitazione.
Coprite gli impasti con l’altro canovaccio e fate lievitare, al riparo da correnti d’aria,
per 30-40 minuti.
Preriscaldate il forno a 200 °C in modalità statica.
Prendete delicatamente i rotoli di impasto e tagliateli a metà per il lungo (la chiocciola
dovrà risultare divisa a metà) aiutandovi con la raschia o con un coltello a lama liscia.
Sistemate i pani su una teglia con il taglio rivolto verso l’alto e incidetelo ulteriormente
con una lametta per 1 cm di profondità.
Infornate il pane e fatelo cuocere per 25-30 minuti.
Estraetelo dal forno e bussate con le nocche sul fondo: se suona vuoto è cotto,
altrimenti rimettetelo in forno, abbassate la temperatura di 10 °C e rimettetelo in forno
fino a cottura ultimata.
Fatelo raffreddare su una gratella prima di servirlo.
Cazzotti classici
500 g. di farina
2 g di lievito di birra
1 cucchiaino di sale
350 ml di acqua
1 o 2 cucchiai di olio, facoltativo
Sciogliete il lievito in due dita di acqua.
In una bacinella grande mescolate la farina con il sale (e
l'olio), aggiungere tutta l'acqua e quella con il lievito e
mescolare velocemente con una forchetta.
Coprite con della pellicola lasciate questo impasto grezzo e
appiccicoso a riposare per circa 18/20 ore a temperatura ambiente
(in estate ne bastano 12/15).
Dopo il riposo l'impasto si sarà alzato e riempito di bolle.
Rovesciarlo su un piano di lavoro infarinato e spolverarlo di
farina.
Con una spatola dividete l'impasto in 7 pezzi e procedete alle 3 o
4 pieghe per ogni singolo pezzo: prendere un lembo di impasto,
allungatelo verso l'esterno e poi ripiegatelo al centro, prendete
un lembo opposto di impasto, tiratelo e ripiegatelo al centro, e
fate lo stesso con un altro (o un paio se ci si riesce) lembo di
impasto.
Disponete un canovaccio pulito su un vassoio o sul piano di
lavoro, spolverate con farina o semola rimacinata e mettete ogni
panino con la parte delle pieghe a contatto del canovaccio (lo si
prende con la spatola e lo si ribalta sul canovaccio). Spolverate
ogni panino con della semola, coprite con un altro canovaccio e
lasciate riposare un paio di ore.
Scaldate bene il forno e la leccarda a 230°C. Velocemente
ribaltate ogni panino sulla teglia calda in modo che le pieghe
ritornino sopra e cuocete i panini per circa mezz’ora. Dopo 15/20
minuti abbassate il forno a 210° e disponete i panini sulla
griglia.
Grissini classici e crackers aromatizzati all'aglio
Ingredienti base per entrambi
500 g di farina 0
230 ml di acqua
60 g di olio extra vergine d’oliva
15 g di sale
5/10 g di lievito di birra
Setacciare la farina su un piano da lavoro, fare la fontana , aggiungere l’acqua in cui si è
sciolto il lievito di birra, l’olio e su un lato, sopra la farina, il sale.
Impastare fino ad ottenere una massa morbida, che si stacchi facilmente dalle mani.
Trasferire in una ciotola, coprire e lasciar lievitare fino al raddoppio.
Per i crackers
Ribaltare l’impasto sul piano da lavoro, appiattirlo e poi stenderlo fino ad ottenere una
sfoglia molto sottile.
E’ possibile anche staccare un pezzo alla volta di 100 g circa e stenderlo con la macchina
per la pasta.
Formare i crackers con una rotella dentellata o con un coppapasta e bucherellare la
superficie con i rebbi di una forchetta. Trasferire nella teglia rivestita di carta da
forno. Fare un’emulsione con 50 g di olio e 50 ml di acqua e spennellare i crackers;
spolverizzare con fiocchi di sale o sale grosso, nel mio caso fiocchi di sale all'aglio.
Infornare a 200° e cuocere per 10 minuti,
fino ad ottenere una doratura uniforme.
Togliere dalla teglia e lasciar raffreddare completamente. Riporre in un contenitore a
chiusura ermetica
Per i grissini
Ribaltare l’impasto sul piano da lavoro, appiattirlo delicatamente senza sgonfiarlo e con
una spatola ricavarne dei tronchetti.
Rotolare e contemporaneamente allungare la pasta spolverando con della farina di
semola, facendo attenzione a non lavorarla eccessivamente.
Trasferire nella teglia rivestita di carta da forno.
Infornare a 200° e cuocere per 10 minuti, fino ad ottenere una doratura uniforme.
Togliere dalla teglia e lasciar raffreddare completamente. Riporre in un contenitore a
chiusura ermetica.
Nota: nel mio caso i grissini sono stati realizzati in tre formati: classici stretti e lunghi, grossi con incisione al centro e intrecciati.
Focaccia classica
600 g di farina 0
340 g di acqua
8 g di malto d’orzo
48 g olio extravergine
6 g lievito di birra fresco
In un ciotola mettete l’acqua, il malto e il lievito e sciogliete bene, poi aggiungete l’olio
d’oliva ed amalgamate con una frusta. Aggiungete la metà abbondante della farina e
amalgamate ai liquidi velocemente con una forchetta. Aggiungete il sale ed incorporate.
Versate la restante farina e aiutandovi con una spatola, con cui fate dei tagli idratate
incorporando la farina.
Appena la farina sarà incorporata (serviranno pochi minuti, rovesciate l’impasto su un
piano non infarinato. Massaggiate l’impasto facendo pressione con il polso della mano,
basta in tre punti in orizzontale, poi rovesciate l’impasto chiudendolo su se stesso
aiutandovi con la spatola.
Fate questo passaggio altre due volte. Dopo la terza volta vi accorgerete che l’impasto
inizia ad avere un po’ di elasticità (premendo con un polpastrello non rimarrà la fossetta
ma l’impasto tende a rialzarsi) vi dovete fermare. Adesso date all’impasto una forma
leggermente ovale e con la mano iniziate ad arrotolarlo dall’alto in basso dando una
leggera pressione. Ruotate l’impasto appiattitelo leggermente, quel tanto da renderlo un
po’ ovale e ripiegatelo su se stesso fino a chiuderlo bene. Chiudete sotto anche i lati del
rotolo con i palmi delle mani, creando un impasto a palla.
Trasferite l’impasto in una ciotola leggermente infarinata e coprite con pellicola e mettete
a lievitare per un ora.
Dopo un ora rovesciate l’impasto lievitato sul piano di lavoro leggermente infarinato.
Con delicatezza con i polpastrelli picchiettate tutto l’impasto, si formeranno tante fossette.
Arrotolate l’impasto su se stesso partendo dall’alto e chiudendolo senza stringere.
Trasferite l’impasto nella ciotola, con la chiusura in basso e fatelo lievitare coperto per un
ora
Ripetete questa ossigenazione della pasta per altre due volte a distanza di un ora.
Prima della terza ossigenazione dividete l’impasto per le teglie che userete. Per una teglia
30x40 bastano 650 g, con questo impasto potete preparare anche una teglia più piccola da
25x30
Trascorsa un ora dalla terza ossigenazione l’impasto è pronto per essere messo nella
teglia. Ungete bene con olio le teglie che vi serviranno.
Rovesciate con attenzione l’impasto nella teglia. Con i polpastrelli picchiettate tutto
l’impasto, partendo dal centro verso i quattro angoli della teglia, premendo solamente
senza allargare. La pasta un po’ alla volta si allargherà. Quando si sarà già abbastanza
allargata è il momento di girarla. Con attenzione appoggiare un lembo dell’impasto
sull’avambraccio e alzandolo con l’impasto ruotate la pasta. Riprendete a picchiettare la
pasta, se vi sembra che non si allarghi non tiratela e lasciatela riposare 10 minuti poi
riuscirete a stenderla bene. Coprire e fatela riposare per 30 minuti.
Irrorate la focaccia con un emulsione
di 3 cucchiai d’olio e 3 cucchiai d’acqua con un po’ di sale. Coprite e mettete a lievitare
per un’ora
Cuocete in forno a 250 °C per 13 minuti circa
Appena cotta spostatela dalla teglia e mettetela su una griglia.
Eccomi da te arrivo quasi subito, sono strana inizio dalla fine, ma io mi innamoro ogni volta che ti leggo oltra ad avermi rapito il tuo cestino perchè per me il pane al natuarale ha un sapore meraviglioso e si sposa bene con le pietanze esaltandosi assieme. Certo che cinque di scritto e nove in orale solo ad una splendida ragazza come te poteva capitare ;)
RispondiEliminaLa focaccia è bella e golosa, sei riuscita ad ottenere una buona lievitazione segno che nonostante tu dica che il pane non ti è amico direi che da oggi in poi vi capirete alla perfezione
Grazie mille
Leggerti è un piacere, Francesca. E la semplicità , nel pane e nella vita, è qualcosa che amo.
RispondiEliminaFranci, sei un'artista della scrittura. e secondo me, ora anche degli impastamenti!
RispondiEliminaci confondi tutti con le chiacchiere, ci incanti tutti con i ricordi e con le tue parole sempre quelle giuste. Da piccola te lo concedo ma come si fa a non amare il pane? è la base di tutto. Il profumo però lo sento anche da qui.
RispondiEliminaBello il cestino e appetitoso il menu. Quanto mi piacerebbe essere tua ospite!
RispondiElimina<<...per molto, molto tempo, ho risposto "Ora non mi va" pensando in realtà "Mangiatevelo voi".>> Quanto ho riso leggendo il tuo racconto, quanta tenerezza e schiettezza nei bambini! E il pane, dici tu, si è vendicato. No cara Francy, non si è vendicato: ti si è fatto incontro, con la sua intrinseca bontà, e ti ha fatto capire che anche tu puoi. Puoi farlo con le tue mani e farlo egregiamente, per amarlo ancora di più. Puoi riempire la tua cucina e la tua casa della sua fragranza, che fa tanto famiglia. E puoi dimostrare a te stessa che quando una è brava, lo è a prescindere. Come ha dimostrato ampiamente questa prova.
RispondiEliminaUn bellissimo cestino del pane (per non parlare del menù che vorrei subito provare)!!Io sono come te, anche io da piccola mangiavo pochissimo pane, mentre la sorella ne è sempre andata matta. Un abbraccio, Chiara
RispondiEliminaEd eccomi qui, finalmente, dirai.
RispondiEliminaQuando mi hai detto "ho fatto i cazzotti" mi sono chiesta: "hai fatto a cazzotti con chi?" Era evidente che non avevo ancora iniziato a fare i compiti! E poi ci ho riso su.
Adesso che ti leggo ti immagino in cucina a sfornare quelle meraviglie in piena notte e se hai fatto come ho fatto io, sicuramente sei andata a letto con la pancia piena quel giorno, troppo.
Mi piace tutto, i grissini li voglio provare, tra un mese.