venerdì 28 luglio 2017

Torta soffice al limone e sciroppo di Limoncello


Tra le mie ore migliori ci sono tutte quelle legate agli affetti, intense, indimenticabili. 
E poi. 
E poi ci sono quelle rubate; rubate agli affetti, rubate al lavoro, rubate agli impegni, rubate alla vita.
Sono preziose semplicemente perchè sono poche, sono preziose anche perchè in queste ore ritrovo me stessa, pura nella mia essenza.
La mia torta soffice al limone con sciroppo di limoncello è figlia di un paio di queste, sottratte silenziosamente in una notte afosa d'estate illuminata da un cielo zeppo di stelle.



Ingredienti

1e1/2 di farina 0
125g di burro
3/4 tazza di zucchero
2 uova
125g di yogurt bianco cremoso
succo e scorza di un limone grande
2 cucchiaini di lievito in polvere per dolci
per la bagna
200ml acqua
200g zucchero
100ml limoncello di buona qualità

Ho unito il burro morbido, lo zucchero, il sale e la scorza di limone ed ho montato il tutto fino ad ottenere una crema chiara e soffice. Ho aggiunto le uova una alla volta, dopo averle leggermente sbattute con una forchetta, facendo attenzione che si amalgamassero bene al composto; poi ho aggiunto la farina, precedentemente setacciata con il lievito, lo yogurt ed infine il succo di limone.
Ho trasferito il composto ottenuto in uno stampo per torte da 20cm ed ho infornato, in forno statico preriscaldato a 180°, per 35/40 minuti.
Nel frattempo ho preparato lo sciroppo al limoncello così: in un pentolino dai bordi alti ed il fondo spesso ho portato alla temperatura di 121° lo zucchero con l'acqua (questa è la temperatura in cui lo zucchero si sarà sciolto completamente dando vita alla base di sciroppo) e successivamente ho aggiunto il limoncello, fatto cuocere un ulteriore minuto, tolto dal fuoco e tenuto da parte.
Una volta cotta la torta l'ho fatta raffreddare, l'ho sformata e l'ho bagnata, con l'aiuto di un pennello da cucina, generosamente con lo sciroppo (la quantità di sciroppo utilizzata dipende da quanto si preferisce sia bagnata la torta).




mercoledì 19 luglio 2017

Burro all'aglio per il Calendario del cibo italiano




Oggi Giornata dedicata all'aglio nel nostro amato Calendario del Cibo Italiano. 
Io contribuisco con qualcosa di sfizioso e semplicissimo: un burro all'aglio!
Questo burro è perfetto per accompagnare pane tostato, figurare nel buffet degli aperitivi e aprire un pasto dal carattere deciso.
Lo si può realizzare utilizzando aglio crudo oppure aglio sbollentato; io ho scelto questa seconda opzione per attenuare il gusto intenso dell'aglio che non tutti gradiscono.

Burro all'aglio

200g di burro leggermente salato
3 spicchi d'aglio di buona qualità 
prezzemolo fresco



Per prima cosa ho sbollentato per alcuni minuti l'aglio, privato dell'anima precedentemente, in acqua bollente e l'ho ridotto in purea. Successivamente ho lavorato il burro ammorbidito con la purea ottenuta amalgamando molto bene il tutto, infine ho aggiunto del prezzemolo fresco del mio orticello tritato finemente.
Con l'aiuto di pellicola alimentare ho realizzato una sorta di caramella di burro che ho messo in frigo a raffreddare e riprendere forma per minimo 4/5 ore.



giovedì 13 luglio 2017

Irresistibile Cibo di Strada: Il Panino con il Lampredotto per il Calendario del Cibo Italiano




Si parla di Cibo di Strada in questa giornata del Calendario Del Cibo Italiano  e il
primo aggettivo che mi viene in mente se penso al cibo di strada è irresistibile.
Irresistibile perché resistere davanti alla vastità delle meravigliose proposte che il territorio italiano offre lungo le strade delle sue città, da Nord a Sud, dalla grande città al paesino, è sicuramente difficile e anche ingiusto.
Gustare il cibo di strada di un determinato luogo significa abbandonarsi a quel luogo, significa essere disposti a conoscerlo fino in fondo, venire in contatto con la sua parte più autentica e verace; significa  guardarlo dall'interno. 
Il cibo può insegnarci moltissimo di un posto e di chi lo popola, può svelarne la storia, l'intelligenza, la forza e se è vero che nessun cibo come quello di strada riesce a parlarci autenticamente di un posto è altrettanto vero che sua Maestà il Panino al Lampredotto ci parla di Firenze e dei fiorentini.
Il panino col Lampredotto ci prende, anche un pò violentemente, per mano e ci costringe a penetrare all'interno di questa incredibile città perchè non è soltanto il cibo di strada di Firenze per antonomasia, amatissimo dai fiorentini che ne sono estremamente gelosi oggi come in passato; il panino con il lampredotto è un'emblema, un'istituzione, è Firenze.
Il Lampredotto è una trippa poichè con il termine trippa ci si riferisce ad alcune parti dell'apparato digerente del bovino adulto tra cui l'esofago, i primi tre stomaci, anche detti prestomaci( rumine,reticolo e omaso), e il quarto stomaco ovvero l'abomaso che è un vero e proprio stomaco ghiandolare. Quest'ultimo è la parte utilizzata per fare il lampredotto ed è una peculiarità del tutto fiorentina poiché si tratta di una trippa raramente usata nelle altre zone del nostro paese. 
L'abomaso si compone di due parti, una abbastanza magra detta gala caratterizzata da creste di colore violaceo e dal sapore delicato, l'altra, che prende il nome di spannocchia, è più grassa e consistente, di colore chiaro e dal sapore intenso.
La storia del Lampredotto è antica, come antica a Firenze è l'usanza di trattare e consumare le trippe, se ne inizia infatti a parlare a partire dal '400, ed è una storia antica come antica è la fame poiché il lampredotto nasce, senza dubbio alcuno, come cibo povero e sostanzioso in grado di placare l'appetito e brontolii dello stomaco del popolino.
Deve il suo nome alla sua somiglianza, sia nella forma che nel colore, con un invertebrato molto simile ad una grande anguilla, chiamato Lampreda, che in antichità abbondava nelle acque del fiume Arno e che veniva consumato principalmente dalle famiglie ricche.
Il lampredotto, vanto dello street food fiorentino, viene cotto a lungo(da 1 a 3 ore) in un brodo rosso realizzato con acqua, pomodorocipollaprezzemolo e sedano.
È possibile gustarlo sia come un normale bollito al piatto sia alla maniera più amata dai fiorentini, ovvero tagliato a pezzetti, direttamente sul pane, perché non ne vadano persi i succhi, come ripieno di un panino toscano, simile alla rosetta, il semelle, la cui parte superiore viene generalmente imbevuta nel brodo caldo di cottura del lampredotto.
I veri appassionati di questo cibo lo preferiscono nella sua forma classica poiché sostengono sia quella che meglio ne esalta sapore e delicatezza: condito con sale, una generosa spolverata di pepe nero ed eventualmente un giro di "olio bono" a crudo. In giro per la città però lo troviamo in molte versioni diverse; accompagnato da salsa verde o irrorato con olio piccante in primis. 



Il lampredotto, come già detto, è un cibo di strada che nasce in strada tra le pietre lucide e i palazzi imponenti nel cuore della città e lo si può gustare quasi esclusivamente in strada, cucinato con passione nei barroccini e nei chioschetti che prendono il nome di "trippai" o "lampredottai".
Anticamente si trattava di carretti di legno, dipinti con colori allegri e sgargianti, portati a mano o appoggiati su tricicli a pedali.
Oggi sono piccoli chioschi mobili in acciaio su quattro ruote, oppure piccoli chioschi fissi in muratura ai lati delle strade e sono sempre affollati: presi d'assalto all'ora di pranzo e durante tutto il giorno, dai fiorentini come dai turisti, dal professore come dallo studente, dal manager come dall'artigiano. Non a caso un giorno ho sentito dire proprio ad un trippaio "Il panino col lampredotto è il cibo più democratico che ci sia perchè è nato come un cibo povero ma oggi lo mangiano proprio tutti e noi trippai siamo degli artisti del mangiare che con poco e con passione mettiamo d'accordo tutti".

E dunque rendiamo merito a questi artisti del cibo di strada e vediamo oggi tre tra i più rinomati ed apprezzati lampredottai fiorentini, capaci di aiutarci a scoprire e comprendere a pieno una città attraverso il loro panino. 
Il chiosco di Orazio Nencioni situato sotto la Loggia del Porcellino, in una delle piazze mercato più caratteristiche della città, famoso per la tradizione centenaria della sua ricetta del panino con il lampredotto affianca alla versione base  alcune interessanti varianti stagionali, come l’estiva insalata fredda di trippa e il lampredotto alla puttanesca con olive e peperoncino fresco. La sua fama è tale che perfino lo chef Rubio, qui trovate la bella intervista sul cibo di strada fattali dalla nostra preziosa Francesca Carloni, gli ha dedicato una puntata del suo "Unti e bisunti", sfidandolo proprio sulla preparazione del panino con il lampredotto.
Altra istituzione fiorentina in merito è senza dubbio Nerbone la cui prima peculiarità è la location: Nerbone difatti si trova all'interno del mercato centrale di Firenze e questo regala al locale fascino e folklore. All’ora di pranzo il chiosco si trasforma in tavola calda da più di vent'anni e da più di vent'anni Fabio Giolli cucina e propone con passione i piatti tipici del cibo di strada fiorentino come la trippa e il lampredotto. Quest'ultimo non viene servito soltanto alla maniera classica all'interno del tipico panino ma anche come secondo piatto, amatissimi  sono il lampredotto in inzimino e il lampredotto con fagioli e porri. Posti davanti al chiosco alcuni grandi tavoli favoriscono la convivialità. Si ordina in piedi e poichè da Nerbone la fila non manca mai, fiorentini e turisti attendono il loro panino armati di santa pazienza e un bicchiere di buon Chianti.
Ultima tappa imperdibile di questo mini tour virtuale legato alla magia del panino al lampredotto è un "lampredottaio" del tutto particolare per la posizione e per la filosofia che lo anima; si tratta del Lampredottore di via Caccini. Diventato celebre negli ultimi anni grazie ai suoi panini si trova proprio davanti all’entrata dell’Ospedale di Careggi e da qui il motivo del suo nome così divertente.
Il Lampredottore è un gioco di parole che la dice lunga sulla cura che viene riservata alla preparazione del lampredotto; Mamo è il gestore di questo chiosco ed è un uomo dalla spiccata simpatia e l'atteggiamento estremamente attento nei confronti dei suoi avventori. Accanto al panino classico figurano le varianti giornaliere sempre molto interessanti. 
E adesso, appena potete, fatevelo un giro per Firenze, la splendida, e perdetevi tra le sue vie con un bicchiere di buon Chianti in mano, sporcandovi i vestiti di panino al lampredotto colante. Certe cose davvero non hanno prezzo.


Note
Un ringraziamento speciale a Sara Sguerri del Blog PixeLiciouS che mi ha gentilmente fornito tutte le fotografie.




lunedì 10 luglio 2017

Fregula con Nieddittas per il Calendario del Cibo Italiano



Sono stata in Sardegna due sole volte nella mia vita, fino ad oggi.
La prima volta quando ero bambina, ripescando in quel piccolo cassetto della memoria ritrovo le litigate e i baci con mio fratello, il sole caldo e il vento fresco sulla pelle, la prima volta che ho indossato la maschera ed il boccaglio, la meraviglia di un mondo acquatico fatto di colori e movimento, la prima aragosta succhiata avidamente, la prima indimenticabile seada, il sorriso eterno di mia madre che il tempo non riesce a sbiadire.
La seconda volta, pochi giorni fa, mi ha regalato la gioia dei baci delle mie figlie, la rabbia scatenata dai litigi tra le mie figlie, un mare e una natura ancora selvaggia capaci di emozionare e far riflettere, il sole caldo e il vento fresco sulla pelle, la prima vera fregula con i frutti di mare della mia vita, il sorriso abbagliante di mio marito che la vita mai riuscirà ad oscurare.
Il mio contributo per questa Giornata della Fregula Sarda è una ricetta semplice omaggio ad un territorio dalle materie prime uniche. Per cui Fregola artigianale comprata in loco, cozze Nieddittas e pochissimo altro per un piatto che si può soltanto amare.




Fregula con Nieddittas

per 4 persone
1 kg di cozze Nieddittas
300 g di fregula sarda artigianale
1 spicchi grosso di aglio in camicia
1 mazzetto di prezzemolo fresco
1 pomodoro
1/2 bicchiere di vino bianco di ottima qualità
1/2 peperoncino fresco non troppo piccante
olio evo qb
sale qb

Per prima cosa ho fatto aprire in una pentola capiente le cozze con un filo di olio evo, il prezzemolo, l'aglio in camicia e il peperoncino. Le ho lasciate cuocere pochi minuti con il copercio controllando in modo da sppengere e spostare dal fuoco appena le cozze sono risultate aperte.
Ho messo da parte le cozze e filtrato il liquido ottenuto con il qale successivamente ho cotto la fregola nel medesimo modo in cui si procede alla cottura dei risotti.
ho tostato la fregola a fuoco alto in una pentola dal fondo spesso e bordi alti, ho sfumato con il vino bianco e portato a cottura la fregula aggiungendo via via il liquido del fondo delle cozze. Ho aggiunto parte delle cozze sgusciate quando mancavano un paio di minuti alla fine della cottura e ho mantecato con olio a crudo subito fuori dal fuoco, altre le ho aggiunte ancora nel loro guscio al momento di impiattare.
Ho decorato con listarelle di pomodoro fresco condito con olio e pepe e prezzemolo fresco.

domenica 9 luglio 2017

Crossaint sfogliati con chibouste all'arancia e granita al melograno. La mia versione eretica di Brioscia con la Granita.


















Ci sono anch'io in questa giornata del Calendario del Cibo Italiano che celebra la Brioscia con la Granita, ci sono con una ricetta al limite dell'eretico ma decisamente goduriosa.
C'è un anima ribelle dentro questo mio corpo, nascosta magistralmente, da tanto mi ha salvato nella vita ma mai mi salverà dalle tradizioni. L'ho compreso ormai e lo accetto senza rassegnazione ma con orgoglio. E' lei che ha distrutto tutto il distruttibile, ha mandato in frantumi l'inutile, pulito lo sporco, rifiutato l'ingiusto, spezzato catene rugginose, ma ha preservato sempre una parte di tradizioni; come se ne temesse la forza le ha spolverate, magari smontate ma poi pazientemente, si anche la ribellione può essere paziente, le ha ricostruite.
Quando cammino, quando penso, quando mi arrendo alla felicità o quando combatto la tristezza, quando amo e quando cucino ribellione e tradizione siedono in accordo una sulla mia spalla destra, l'altra sulla sinistra.
Anche questa volta sospetto che siano state entrambe queste grandi forze a muovere le mie mani.
Così sono nati i miei croissant , in cui sono presenti la passione per le preparazioni dolci realizzate a tarda notte che ho ereditato da una madre della quale ormai non riesco a ricordare più la voce ma ne ricordo bene le notti pasticcere, in cui non manca una crema in onore degli uomini della mia vita, mio padre e l'occupante lato destro del letto, per i quali un dolce non è degno di tale nome senza una crema, dei croissant in cui spicca la sorpresa gelida della granita figlia di una tradizione siciliana che unisce in matrimonio l'elemento freddo e i lievitati. 
Ecco, semplicemente, io non amo la granita dentro la brioche ma ancora una volta quell'anima ribelle che c'è in me non si è mossa per salvarmi dalle tradizioni ed ancora una volta ha avuto ragione lei.







giovedì 6 luglio 2017

Brodetto di pescato con Gnudi di mare e Pasta fritta al nero per il Calendario del Cibo Italiano


 Ripubblico oggi con grande gioia, in occasione della Giornata dedicata a brodetto, buridda e zuppe di pesce del calendario del Cibo Italiano, questa ricetta e questo post a me molto cari. 

"La casa era piccola, a ripensarci oggi, era talmente piccola da chiedersi come potessero entrarci tante persone insieme e conviverci serenamente per un mese intero.
La casa era piccola eppure ai tuoi occhi di allora, appariva grande, piena di spazio dove nascondersi e giocare, piena di tesori da scoprire.
I tuoi occhi di allora erano dello stesso colore del mare,trasparenti, capaci di catturare ogni cosa, i tuoi occhi allora vedevano tutto come per la prima volta e il tuo cuore anche.
Quella casa sul mare, tipica casa dei  bagni per villeggianti, non era niente di speciale, simile a tutte le altre di quel genere si sviluppava in orizzontale; qualche camera da letto, un bagno, una sala e accanto una cucina. Fuori un terrazzo stretto e lungo dal quale gli occhi, in fondo a file di ombrelloni a righe blu e arancioni potevano scorgere, sempre, la superficie del mare.
Tu, nel tuo costumino colorato, secchiello in mano e braccioli infilati dal primo giorno di Giugno al quindicesimo di Luglio, passavi le tue giornate a correre, a scavare buche nella sabbia, a costruire castelli, a buttarti in acqua, a far arrabbiare i nonni ' perchè è presto per il bagno e non hai ancora digerito' e poi ' è tardi per il gelato, tra un pò si cena'. Quando ci pensi adesso ti viene da sorridere; non ti sei mai sentita male in acqua e non hai mai saltato la cena, non ci credevi all'epoca e non ci credi oggi quando senti la tua voce, quasi come appartenesse a qualcun'altro, ripetere le stesse frasi di monito alle tue figlie.
Era il tempo sacro dell'infanzia, reso ancor più sacro dal fatto di essere in estate, quella stagione unica in cui potevi serenamente liberarti delle scarpe, simbolo massimo delle regole e delle costrizioni, e stare tutto il giorno a piedi nudi; dentro casa sul pavimento di granito freddo e fuori sulla spiaggia bollente.
Eri una bambina vivace e curiosa, e pur non capendo ancora niente della vita percepivi che quei giorni erano preziosi e non volevi perderne nemmeno un attimo, forse anche per questo facevi impazzire tutti rifiutandoti di dormire.
In quella casa, della quale ricordi il colore bianco e il legno mangiato dalla salsedine, i giorni trascorrevano velocemente, nonostante si ripetessero più o meno sempre uguali, per te ogni minuto era unico, diverso da quello appena passato.
Aspettavi con trepidazione il venerdì sera perchè era allora che arrivavano la mamma e il babbo: stare con i nonni era bellissimo, eri la più piccola e probabilmente per questo eri anche viziata, ma i giochi inventati dal babbo soltanto per te e i baci e le risate della mamma, durante la settimana, ti erano mancati. 
Scendevano dalla macchina dopo una settimana di lavoro, accaldati dal viaggio e tu correvi loro incontro, sapendo già cosa sarebbe successo nel fine settimana che a lungo avevi aspettato. 
Per prima cosa il babbo avrebbe tolto la camicia e i pantaloni lunghi e, al tramonto, si sarebbe immerso in acqua fino alle ginocchia con uno strano attrezzo legato al collo e ai fianchi avrebbe 'fatto telline', tu avresti avuto il permesso di fare il bagno accanto a lui proprio mentre il sole, scomparendo nel mare, lo insanguinava.
Sareste rientrati nella casina tardi e la mamma ti avrebbe lavato,  pettinato i capelli e abbracciato mentre le avresti raccontato tutte le scoperte fatte nei giorni passati. Poi sareste andati tutti in cucina, la mamma e il babbo avrebbero preso possesso dei fornelli e i nonni avrebbero eseguito i loro ordini, brontolando felici, per i due giorni successivi. Tu ti saresti occupata di mansioni importanti: avresti potuto sbucciare i piselli freschi, lavare l'insalata, pulire i pesci senza lische e schiacciare i pomodori per la zuppa di pesce. 
Avreste mangiato telline, zuppette, cicale di mare saltate in padella, seppie ripiene e pesce fritto.
Tanto pesce, sempre pesce, il pesce pescato all'alba dal nonno e dal babbo con le nasse, con la sciabica o coi palamiti; pescato con soddisfazione, con quella soddisfazione data dal lusso di poterlo fare solo per passione e non per lavoro.
La casa tutta sarebbe stata invasa dagli odori, dai colori, dai sapori di quel pesce che per te sarebbe diventato sinonimo di gioia, di vacanza, di amore.
Non lo sapevano ancora quei tuoi occhi di bambina che quel tempo sarebbe stato per te il tempo della magia...il tempo in cui tutto ciò che c'è è perfezione e ciò che manca può essere ,ancora, solo e soltanto possibilità.
Non lo sapevi ancora che quella casa bianca di legno sarebbe diventata oggi, occhi di rimmel, la tua personale 'Casa dei Doganieri': che avresti tenuto il capo del tuo filo mentre il ricordo dolce e malinconico insieme si allontana e che quel filo per te sarebbe stato filo di rete da pesca ed il rumore delle padelle e dei tegami in cui cuoceva il pesce sarebbe stato per te il punto di partenza, il punto da cui tutto nasce e in cui tutto muore laddove è ancora possibile stringersi e mangiare insieme a chi resta e a chi è andato."




Brodetto di pescato con gnudi di mare e pasta fritta al nero

Ingredienti per 3 porzioni


Per il brodetto
150 g di cicale di mare( o pannocchie)
250 g di pescato locale per zuppa o frittura( tra cui 3 piccole triglie, 4 piccoli naselli, 2 piccole sogliole, 2 piccoli ghiozzi)
1 dentice di 500 g ( la lisca,e 1 dei due filrtti ottenuti dalla sfilettatura)
6/7 pomodorini ciliegini
1 costa di sedano
1 carota
1/2 porro piccolo
1 aglietto fresco
1 rametto timo fresco
2 litri di acqua
1/2 bicchiere abbondante di vino bianco fermo( io Ruffino Libaio)
olio evo qb
sale qb





Per gli gnudi di mare

1 dei due filetti ottenuti dal dentice di cui sopra
350 g di chele di granchio fresche
250 g di ricotta di mucca 
1 cucchiaio di farina
la scorza di 1/2 limone non trattato
alcune foglie di basilico fresco
pepe fresco macinato e sale qb

Per la pasta al nero di seppia( le dosi sono per 2 etti di pasta anche se per questa ricetta ne serve molta meno)

100 g di farina 00
100 g di semola
2 uova
1 sacca piccola di nero di seppia
1 pizzico di sale
olio d'arachidi per friggere

Realizzazione ricetta

Ho comprato tutto il pesce fresco, ho la fortuna di avere nella mia città un mercato che il mercoledì e il sabato mattina ospita un banco di pesce freschissimo.
Per prima cosa ho squamato, eviscerato e sfilettato tutto il pesce da lisca ed ho tenuto i filetti ottenuti da parte in frigorifero coperti con pellicola ed ho lavato le chele di granchio e le cicale di mare.
Poi ho proceduto con la preparazione del fumetto di pesce: in una tegame dal fondo abbastanza alto ho fatto tostare fino a doratura, schiacciandole con un mestolo per estrarne tutti i sapori e gli odori, tutte le lische e gli scarti dei pesci in 2/3 cucchiai d'olio evo fino alla doratura. Ho aggiunto l'acqua freddissima insieme ad una manciata di cubetti di ghiaccio ed ho fatto bollire, ho schiumato, ho aggiunto la costa di sedano, la carota ed ho continuato la cottura a fuoco dolce finchè il volume non si è ridotto della metà. 
A metà cottura del fumetto ho aggiunto anche le chele di granchio che ho tolto dopo circa 5 minuti di cottura e messe da parte a raffreddare.
Una volta pronto il fumetto l'ho tenuto da parte ed ho proceduto con la preparazione degli gnudi di mare: come prima operazione ho spaccato le chele precedentemente sbollentate nel fumetto con l'apposita pinza e ne ho estratto la polpa, successivamente ho spellato e  battuto a coltello uno dei due filetti ottenuti dal dentice come si fa per la preparazione della tartare. In una terrina ho dunque unito dentice e polpa delle chele con la ricotta( la mia essendo compatta e non contenendo siero non ha avuto bisogno di essere messa a sgocciolare, in alternativa questo passaggio va fatto per evitare che gli gnudi si sfaldino in cottura) un uovo intero, la scorza di mezzo limone grattugiato finemente, il basilico tagliato, anch'esso, finemente, un pizzico di sale e una macinata fresca di pepe bianco. Ho amalgamato tutto molto bene con un cucchiaio di legno ed ho formato delle quenelle che ho passato velocemente nella farina e poi ho riposto coperte in frigo  a ripèosare. Il procedimento seguito di fatto è quello degli gnudi classici di ricotta e spinaci che si usa da me in Toscana e questa è la mia interpretazione di mare, ne ho modificato anche la forma che nella ricetta tradizionale è tonda.
Sono passata alla preparazione della parte croccante del piatto; ho scelto di fare una pasta fresca all'uovo con nero di seppia per poi friggerla, per cui ho disposto sopra la spianatoia a fontana le due farine passate al setaccio e al centro le uova leggermente sbattute ed ho iniziato incorporando su su la farina dal centro verso l'esterno, ho impastato il tutto in modo classico e solo dopo circa 15 minuti ho aggiunto all'interno dell'impasto il nero contenuto nella sacca e ho continuato ad impastare il tutto fino ad ottenere una pasta liscia e di un bel colore nero omogeneo. Ho lasciato riposare la pasta al fresco coperta con un canovaccio.

Ho proceduto con la preparazione del brodetto, ho fatto un trito con l'aglietto fresco ed il porro e l'ho fatto rosolare in olio evo per un paio di minuti poi ho aggiunto i pomodorini divisi in 4 parti e privati dei semi, il rametto di timo ed il pesce in quest'ordine: prima le cicale di mare incise sul dorso, poi il filetto di dentice rimasto tagliato a pezzi, ed infine i filetti del restante pescato divisi in due. Ho irrorato tutto con il vino e una volta che questo è evaporato ho aggiunto alcuni mestoli di fumetto e ho fatto cuocere il tutto per non più di 10 minuti; trascorso questo tempo ho inserito all'interno del brodetto gli gnudi precedentemente preparati e li ho continuato la cottura per pochi minuti ancora. Nel frattempo ho ripreso la pasta, l'ho tirata a mano, l'ho tagliata a losanghe irregolari e di diverse dimensioni e, dopo averle bucherellate con una forchetta le ho fritte in olio di arachidi a 180°circa finchè non sono risultate croccanti.
Ho servito il mio brodetto di pescato e gnudi di mare accompagnato con la pasta fritta in olio evo profondo.