lunedì 28 gennaio 2013
" Bis di Pici...e l' amicizia a km 0"
" Stavolta siamo vicini a casa, per fortuna.
Qui è ancora magicamente possibile trovare ciò che serve.
E poi impastare non mi spaventa, anzi mi piace proprio.
Questo pensava la ragazza- la donna, pensava la donna- sottolineò repentinamente la voce fuori campo.
Questa storia inizia male, pensò allora la ragazza- ancora? ho detto la donna-.
Questa storia sarebbe stata più bella senza voce fuori campo,disse allora la ragazza accettando pazientemente di essere diventata donna contro il suo volere.
Comunque per esserci c' era tutto, la sfida poteva ancora una volta essere affrontata, riprese a riflettere la donna e solo in quell'istante si accorse che un ticchettio noioso la stava distraendo; provava un leggero ma profondo fastidio e certo erano le lancette dell'orologio appeso al muro che lo stavano provocando.
Poco male, si disse, ora lo tolgo dal muro, butto le pile e così lui si ferma e posso fare ciò che voglio.
Detto fatto, niente più ticchettio e la donna tornò in un baleno ai suoi pensieri; doveva pensare a come valorizzare un piatto magico, il piatto di una terra così vicina alla sua e che lei tanto amava.
-L'orologio lo puoi anche fermare, ma il tempo non si ferma e purtroppo questa volta non ne hai molto, sarebbe bene che tu ti concentrassi sulle altre cose che devi fare in questo momento- di nuovo la voce fuoricampo interruppe il filo dei suoi pensieri e pur essendo tanto composta le risuonò alle orecchie in modo davvero odioso.
La storia è mia, ribattè lei, e se dico che alla fine posso farcela significa che alla fine ce la farò!
-Brava, e determinata, ma gli ostacoli sono tanti, ti manca il tempo; il tempo di andare a prendere i famosi ingredienti a km 0, il tempo di ripulire casa dopo aver impastato, cucinato e fotografato e poi c'è il mostro da battere, il mostro a tre teste da uccidere. non credo proprio che tu possa farcela da sola- disse, la voce con un tono fintamente dispiaciuto e fortemente saccente.
Ha ragione, davvero ragione, ammise la nostra eroina; il mostro a tre teste dei doveri mensili era veramente grosso e faceva paura ma lei aveva un arma nascosta, un asso nella manica: aveva dalla sua parte un principe guerriero, paladino della giustizia, sempre pronto a montare in sella al cavallo, raggiungerla in ogni dove e sguainere la spada per venirle in soccorso.
Aveva il "Principe Amicizia" dalla sua, poteva ancora farcela.
Il Principe Amicizia arrivò in suo aiuto ancor prima che lei lo chiamasse perchè aveva il potere magico della lettura del pensiero e perciò poteva leggere nella mente di lei e capire quando era in difficoltà, senza che fosse lei a dirglielo.
Le si materializzò davanti e le disse di seguirlo, di non preoccuparsi del tempo per la spesa perchè lui conosceva tutti i contadini buoni del regno e, tra un'impresa e l'altra, avrebbe trovato il tempo di andare a prendere il necessario, che se poteva aiutarla in cucina l'avrebbe fatto con gioia e anche che aveva un castello grande dove lei avrebbe potuto cucinare senza preoccuparsi nemmeno un per attimo del tempo che avrebbe richiesto pulire perchè a pulire ci avrebbe pensato lui.
E che principe è se non ha una servitù che fa la spesa e che pulisce al posto suo?! obiettò la maledetta voce.
Stavolta la donna la zittì definitivamente: è il Principe Amicizia, e può tutto perchè c ha un monte di poteri magici!
Così passarono alcuni giorni, nei quali la donna, con attacchi mirati e costanti offensive, riuscì a frantumare il mostro a tre teste dei doveri mensili, anche grazie al Magico Fluido Infondi Fiducia che il principe le aveva consegnato prima di darle appuntamento per la settimana successiva.
Giunto dunque il gran giorno la donna si incamminò verso la dimora del Principe, sapendo bene che il viaggio non sarebbe stato lungo perchè anche il castello era a km o, e mentre copriva a grandi passi la distanza che la separava dal suo paladino, pensò che in tanti anni che conosceva il Principe Amicizia lui non le aveva mai, ma proprio mai, negato il suo aiuto. Anche nei momenti più bui, anche nei più difficili lui era stato al suo fianco, senza paura e con amore.
Sono proprio fortunata,sentenziò mentre suonava il campanello.
Il Principe Amicizia le aprì la porta sorridente e senza la sua armatura si vedeva bene che non era un uomo ma una ragazza: la solita che le sedeva accanto nel banco di scuola tanti anni prima e che poteva trasformarsi all' occorrenza nel Principe Amicizia pronto a sguainare la spada e a salvarla proprio come aveva fatto anche stavolta!"
Il risultato di questa storia è stata la realizzazione di due tipi di Pici: Pici al ragù bianco di coniglio con agrumi e granella di frutta secca e Pici alle pere e parmigiano.
Ps. le foto dei secondi sono in piccolo in fondo.
Ringrazio con tutta me stessa l'MTC e Patty per avermi permesso questa volta di confrontarmi con un piatto della tradizione della mia Toscana, piatto che conoscevo molto bene ma che non avevo mai provato a fare!
mercoledì 23 gennaio 2013
Solo per me...Crema di zucca gialla con caprino e "simil guacamole"
Sera d'inverno.
Fa freddo, anche se non abbastanza per me che adoro le temperature glaciali e la neve e qui di neve non ce n' è.
Comunque è sera ed è invero perciò mi posso accontentare.
Mi capita spesso di essere sola la sera, e sono queste le sere in cui decido di coccolarmi, di dedicarmi ai miei piccoli personalissimi piaceri, cose che mi riappacificano con l'universo, piccoli regali che mi faccio e che so di poter condividere solo con me.
Un bel libro letto e gustato sul divano sotto una morbida coperta, un film vecchio, visto e rivisto, da vedere ancora solo per poter giocare ad anticipare le battute, la musica che piace a me ascoltata bevendo un tè caldo o un bicchiere di vino dolce, la somma gioia data dalla serenità di una cena semplice ma preparata con calma da me e solo per me.
Così.
Fa freddo, anche se non abbastanza per me che adoro le temperature glaciali e la neve e qui di neve non ce n' è.
Comunque è sera ed è invero perciò mi posso accontentare.
Mi capita spesso di essere sola la sera, e sono queste le sere in cui decido di coccolarmi, di dedicarmi ai miei piccoli personalissimi piaceri, cose che mi riappacificano con l'universo, piccoli regali che mi faccio e che so di poter condividere solo con me.
Un bel libro letto e gustato sul divano sotto una morbida coperta, un film vecchio, visto e rivisto, da vedere ancora solo per poter giocare ad anticipare le battute, la musica che piace a me ascoltata bevendo un tè caldo o un bicchiere di vino dolce, la somma gioia data dalla serenità di una cena semplice ma preparata con calma da me e solo per me.
Così.
Il Tiramisú......Un Atto d' Amore
10,
100, 1000, 10.000......miliardi di ricette fantastiche di dolci di
ogni foggia, gusto e colore; da forno, al cucchiao, di mini
pasticceria, posso provare a farle tutte.
Può
anche accadere che, per una serie di fortunati eventi e congiunzioni
astrali favorevoli, io riesca a realizzare un dolce tanto buono e
perfetto da meritarsi di essere considerato una piccola poesia...ciò
nonostante colui il quale dorme nella parte destra del lettone, con
una regolaritá quasi imbarazzante, vorrá che io gli prepari sempre
lo stesso dolce e cioé il banalissimo e, da me ormai odiatissimo,
tiramisù!
Il
tiramisú é il primo dolce in assoluto che ho preparato interamente
da sola, della prima volta che l' ho fatto si perdono le tracce nella
notte dei tempi.
Ho imparato a farlo guardando mia madre che lo
preparava per il compleanno di suo fratello, mi é sempre venuto bene
e sempre bene mi verrá perché é onestamente facile e lo faccio,
appunto, da quando ero una bambina...però ammetto, senza vergogna
alcuna, che a me il tiramisù
Perchè prepararlo
non mi da nessuna soddisfazione.
Certo,
quando lo mangio mi rendo conto che é effettivamente buono, ma
questo non cambia il dato di fatto: tra tutto quello che cucino la
mia ricetta " spreferita " é il tiramisù e ,per la sempre
valida legge di Murphy, é ovviamente anche il dolce preferito del
testone che dorme con me.
Così,
piú o meno una volta ogni due mesi, ha inizio una sorta di danza che
vista da fuori potrebbe assomigliare ad un rituale di corteggiamento
del mondo animale ma che invece é una vera e propria guerra di
nervi; inizialmente ha un' avvio lento e "subdolo" fatto di
melliflui ma mirati riferimenti al nostro famoso classico, poi
l'attacco si fa più intenso e continuo, giocato tutto sui toni della
lusinga e dell'adulazione ( nessuno, pare incredibile, é in grado di
fare un tiramisù buono come il mio...quell'uomo è degno erede di pinocchio!),
infine il testone sferra l'attacco definitivo mostrandomi i suoi
occhi delusi e giocando su uno dei miei tasti dolenti, il senso di
colpa.
Questo
teatrino che negli anni é andato perfezionandosi e convalidandosi si
protrarrá per giorni finchè io, presa letteralmente per sfinimento,
perduta ormai ogni difesa, esaurite tutte le scuse, capitolerò e
accetterò di fare ancora per una volta(ma questa volta è
l'ultima...ora io degna erede di pinocchio) il dannato TIRAMISU'!
Perciò
lo preparo e, giá che ci sono, lo posto anche così, se volete,
potete annoiarvi a
morte anche voi!
morte anche voi!
lunedì 21 gennaio 2013
Uovo nel cestino...e il sapore del tempo passato
Metti
che Babbo Natale conoscendoti bene abbia lasciato sotto il tuo
alberello illuminato una piccola ampolla trasparente con dentro un
liquido scuro e magico, metti che questo liquido non sia una pozione come sembra ma abbia dentro di sé il sapore inebriante e semplicemente perfetto
dello scorrere lento del tempo...come rendere giustizia a tanta
meraviglia senza sciuparne l essenza?
Ho
tentato con un piatto dalla semplicità quasi imbarazzate la cui
bontà però riesce a stupire per la pienezza di sapori che si
sprigionano in bocca dopo ogni boccone.
domenica 20 gennaio 2013
Involtini di sogliola,foglie di rapa e carota...ricordo di Ankara
Quest'estate non siamo stati in vacanza.
Per gli impegni lavorativi dell'occupante lato destro del letto, per alcune mie decisioni molto coraggiose, per me, ma altrettanto pericolose da un punto di vista remunerativo (tralascio il racconto delle "incredibili avventure della giovane donna che decise di cambiare vita") e, non ultimo, perchè l' anno precedente ce ne eravamo stati via quasi un mese i giro per la Thailandia.
Percò mentre tutti, o quasi, abbandonavano le città per godersi le meritatissime e agognatissime ferie noi ce ne stavamo a casina...e devo dire che è anche stato bello.
In ogni caso, siccome viaggiare ogni tanto per noi è necessario come l'ossigeno, arrivati a Novembre abbiamo fatto due piccole valigie( nessuno rida: io sono la prova tangibile che anche le donne possono viaggiare leggere, con pochi bagagli e per giunta serene. Non ci credete, peccato!) e siamo saliti su un aereo direzione Turchia.
Dieci giorni d'incanto, Istabul è realmete una delle città più affascinanti che abbia mai visto, la gente è accogliente, il paese intero è bellissimo e visitare la Cappadocia è come trovarsi dentro un film d'animazione, dai toni poetici e i tratti color pastello, che attinge le sue forme dal mondo dell' immaginario.
E poi la cucina è ottima, piena di colori, sapori,odori e consistenze stimolanti...un'esperienza che tocca le corde di tutti e cinque i canonici sensi!
Dunque arriviamo alla ricetta che 'sennò si fa notte'( come si è soliti dire dalle mie parti): gli involtini che vedete ho deciso di farli presa dal ricordo struggente di una notte di passaggio ad Ankara, dove abbiamo mangiato in un ristorantino in cui servivano delizie esclusivamente a base di pesce. Tra le tante proposte che ci hanno conquistato mi sono rimasti nel cuore degli involtini di pesce bianco e foglie di vite con olio aromatizzato al Raki e così, a quasi due mesi di distanza, ho deciso di provare a farli MIEI.
Giubilo e stupore la mia versione ha riscosso grande successo in Patria ed ha entusiasmato pure me!
sabato 19 gennaio 2013
Delle arancine, delle radici e delle ombre sul muro
Il 6 Novembre in un paesino al centro della Turchia, un paesino che sembra appartenere ad un altra epoca, é andata via la luce.
Dalla finestra del piccolo ostello Efe le mille lucine che si sono spente mi sono sembrate mille lucciole decise ad andarsene a letto per ripararsi dal primo vero freddo dell'anno.
Il proprietario dell'ostello ha bussato alla porta ed ha consegnato ad un ragazzone stupito e divertito una candela accesa per far luce nella notte.
Il paese, patrimonio dell'Unesco, si chiama Safranbolo che significa letteralmente città dello zafferano, safran in turco vuol dire zafferano.
Sul muro della camera di questa vecchia casa ottomana difronte all'ombra gigantesca del ragazzo con la candela in mano c é una seconda ombra, questa piccolina, e l ombra piccolina racconta.
Racconta una storia di immigrazione italiana, una storia di immigrazione come tutte le altre e perciò unica, esattamente come tutte le altre.
Benvenuta Palermo.
Benvenuta Palermo non é un esclamazione, é un nome, incredibile come nome ma regolarmente registrato all'anagrafe, e qui inizia la storia e qui si capisce il legame con le arancine siciliane.
Benvenuta Palermo incontra a diciannove anni l amore della sua vita, lo incontra perché lui é un militare ed a quei tempi i militari avevano una tessera per il pane; lei serve il pane nella pasticceria di famiglia.
Lui si chiama Vincenzo Geloso, é magro magro e di poche parole ma tornerá lí tutti i giorni e tutti i giorni dirà qualche parola in più.
Siamo in una Sicilia di altri tempi dove l amore non sempre riesce a colmare le esigenze di una famiglia perciò Benvenuta e Vincenzo sposati con due figli piccoli ed una carovana sgangherata di tradizioni al seguito lasciano la loro terra, la loro amatissima Sicilia e partono in direzione della loro personale terra promessa: la Toscana.
Quello che ancora non sanno é che in realtà sono già in quattro perché nel grembo di quella capricciosa Siciliana cresce il terzo frutto dell'amore che per tutta la vita legherá lei ed il silenzioso uomo dalle mani d oro che é suo marito Vincenzo.
Il bambino nascerà sette mesi dopo, ultimo figlio dei due, il primo nato in Toscana, quel bambino sarà il padre della piccola ombra che racconta.
La piccola ombra ha una sola casa, é nata e cresciuta nella stessa città toscana in cui é cresciuto quel bambino, suo padre, é toscana ma le sue radici affondano in tanti altri suoli, e in uno di questi si cucinano e si mangiano le arancine.
Per questo motivo si emoziona e si commuove quando pensa alla panatura dorata e croccante che avvolge uno scrigno di riso, giallo per via dello zafferano e profumato per via del brodo, quando pensa al delizioso ripieno di ragù e piselli la piccola ombra ricorda le mani d oro di quel suo nonno silenzioso che che lavorano, precise e veloci.
Quando per Santa Lucia il babbo ( é pur sempre toscana) della piccola ombra fa le arancine le sue mani sono uguali a quelle di suo padre e questi due uomini così diversi tra loro, il militare siciliano che conosceva solo il dialetto e l ingegnere toscano che non ha nessun accento quando parla perché tra il dialetto siciliano e la calata pistoiese ne é uscito un italiano da far invidia a chi ha studiato per anni dizione, nel momento della preparazione delle arancine sono uguali, in tutto e per tutto.
Mentre parla la piccola ombra sa che l uomo davanti a lei le vuole molto bene perchè conosce già questa storia, lei gliela ha raccontata forse un milione di volte, ma lui non la interrompe mai ed alla fine dice : Appena si torna a casa, arancine siciliane e arancine toscane per tutti, bimba!
giovedì 17 gennaio 2013
Il Pane dolce del Sabato di Francesca,la nuova...ovvero...La rivincita della pecora nera
La
pecora nera doveva questo suo simpatico appellativo ad una
particolarità che la distingueva da tutti i membri della sua
famiglia d'origine: la pecora nera non amava il pane dolce.
Di
per sé la cosa potrebbe non sembrare così importante ma,
attenzione, in casa della pecora in questione il cibo era una cosa
seria e quello che si cucinava e si mangiava non era mai solo cibo ma
piacere, gioia,tradizione,amore e ricerca e nello specifico caso del
pane dolce, ogni tipo di pane dolce, in quella famiglia non c'era
spazio per i dubbi, il pane dolce era una vera e propria delizia!
Il
pane dolce era nei cuori di tutti.
Di
tutti tranne, appunto, che in quello della pecora nera.
A
niente nel corso degli anni erano serviti gli innumerevoli tentativi
di convincerla del contrario da parte della madre e del padre, a
niente aveva portato l' amorevole sfilza di nuove forme e fogge di
quel benedetto lievitato, con delusione dovettero constatare che non
lo voleva nemmeno sottoforma di schiacciata.
La
pecora nera era irremovibile: lei il pane dolce non lo mangiava.
Non
è che lo odiasse ma non le piaceva.
Persino
il quarto elemento della famiglia, il fratello minore della pecora
nera che certo era il meno brillante e appassionato tra i quattro in
fatto di cucina, continuava a ripeterle che era davvero buonissimo e
tanto meglio per lui così ne mangiava di più.
La
pecora nera crebbe sana e forte, coltivando la passione per il cibo e
la cucina che aveva sempre respirato in quella casa e innamorandosi
di qualcuno per cui questi argomenti erano altrettanto importanti e
con cui era un vero piacere condividerli.
Questo
qualcuno in questione, però, condivideva con lei anche
qualcos'altro...non amava il pane dolce.
Nella
famiglia della pecora nera si urlò al complotto per un po' tra
delusione e incredulità generale, ma il padre della pecora nera era
davvero un brav'uomo, amava molto sua figlia e il pecorone nero gli
piaceva perciò la crisi grazie all'amore fu presto superata; tutti
vivevano felici e per il bene di tutti non si parlò più di pane
dolce.
Non
si parlò più di pane dolce finchè un bel giorno la pecora nera
decise che avrebbe messo in gioco se stesa e il suo amore per la
cucina prendendo parte ad una sfida culinaria in cui si era imbattuta
nel suo girovagare; quando aveva preso questa decisine, la poverina,
non sapeva ancora cosa avrebbe dovuto cucinare ma qualche giorno dopo
scoprì che le coincidenze non esistono e il piatto era un pane
dolce, e non un pane dolce come tanti ma un pane dolce speciale, con
una sua natura sacrale, carico di significati e valori che la pecora
nera, neanche a dirlo, non conosceva.
Di
arrendersi non se ne parlava e la pecora nera decise che dove non
poteva arrivare lei sarebbe arrivata la storia, e così iniziò a
pensare a quel pane dolce come a un qualcosa da scoprire, come ad una
porta che se aperta l' avrebbe portata a conoscere una realtà
diversa dalla sua, una cultura affascinante, una religione da
capire...la pecora nera non amava il pane dolce ma le storie le
amava, eccome.
Fatti
i compitini ed appassionatasi all' argomento la pecora nera trovò
quel che cercava, una storia nella storia: la storia di persone che
non conosceva racchiusa in un pane, la storia di un pane da fare
anche un po' suo.
La
pecora nera preparò con amore e devozione pani dolci a sfare ed
invitò tutta la famiglia ad assaggiarli, a condividerli insieme, a
dire la loro sull' impasto e sui ripieni e capì da subito che
qualcosa era cambiato; loro adoravano il suo pane dolce, loro lo
divoravano felicissimi, tutti, compreso il pecorone, e finalmente si
sarebbe potuto riparlare di pane dolce in quella casa.
Finisce
così la storia della pecora nera, con una ricetta che convinse la
stessa che anche lei, a modo suo, amava il pane dolce...non amava
mangiarlo, ma ora amava da impazzire cucinarlo per gli altri.
PS.
Questo è il mio primo MT Challenge e vorrei davvero ringraziarvi per
avermi permesso di partecipare, mi sono divertita tanto davvero.
In
particolare vorrei ringraziare Eleonora per avermi dato la
possibilità di CONOSCERE.
GRAZIE
A TUTTI.
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